Ero stato alcune volte al teatro Carlo Felice da spettatore e quando mi è stato richiesto di disegnare le scene ed i costumi per la Bohème ho accettato con entusiasmo,  il solo pensiero di poter vedere i miei disegni prendere forma e vita sul palcoscenico del Teatro della città dove ero nato mi dava una carica enorme, immediatamente la “fantasia” mi ha preso per mano e mi ha fatto correre.

Subito dopo, pensando all’opera di Puccini e leggendo il libretto ho avuto paura di non essere all’altezza, ho temuto di non essere la persona giusta per ricreare l’atmosfera  di quella Parigi dei primi del ‘800,  ho pensato: ”La mia pittura è  molto colorata,  dipingo sogni ad occhi aperti, la Bohème è un’opera drammatica, dovrei smorzare il mio amore per i colori, forse dovrei sforzarmi di creare la soffitta e le piazze parigine in uno stile, non mio, minimalista, jnsomma dovrei non essere me stesso”.

Con questi pensieri sono entrato per la prima volta nel Teatro dalla parte degli artisti, dietro le quinte, mi sono sentito come un bambino che cadeva nel baule di un mago ed ho capito che quello era l’ambiente giusto per trasformare i sogni in realtà e la realtà in sogni, ho capito che non potevo più ternare indietro, volevo disegnare una mia Bohème senza rinunciare ai miei colori e al mio stile di dipingere a rischio di scontentare gli appassionati dell’opera e amanti del maestro Puccini.

E’ cominciata una “favola” durata quasi cinque mesi, sono rimasto ammaliato dalla magia del Teatro, ho visto nascere e crescere le scene, prendere forma e vita i miei disegni, con uno stupore infantile ho visto  colorarsi i costumi dei personaggi, ho visto nascere l’amore tra Mimì e Rodolfo, mi sono rincarnato in Marcello ricordando quando all’inizio del mio voler fare il pittore, vivevo una vita piuttosto bohèmienne nello studio a Genova in Vico degli Eroi numero tre, anch’io, insieme ad alcuni amici, abbiamo gioito per la vendita inaspettata di un dipinto spendendo subito il guadagno per far festa.

Alla fine ho capito che la Bohème è anche gioia, spensieratezza e vita,  la morte è triste ma è parte di tutto questo e non il tutto.

Nel primo quadro ho immaginato una fredda soffitta poggiata sui tetti più alti della Parigi del 1830 nella notte nevosa della vigilia di Natale, ho voluto scaldarla con i miei colori, raccontare con il colore la spensieratezza dei protagonisti; nel secondo quadro ho dipinto la festa, la gioia della Vigilia, confesso che sono corso anch’io dietro al carro di Parpignol per comprare un gioco, sono entrato nel Café Momous per brindare alla notte e all’amore; nel terzo quadro ho disegnato la Barriera come un cancello che si apre sul futuro, un viale che si allontana dalla scena per portarci via; nel quarto quadro si ritorna nella soffitta per aspettare il tragico epilogo.

Ora, terminato il mio lavoro devo uscire dal baule del mago per passare dal sogno alla realtà, peccato, mi ero abituato a questo mondo magico che è il teatro!